Santa Caterina da Siena tra mistica e politica

Scritto da Francesco di Maria .


Com’è possibile che una mistica, una contemplativa di umili origini, per nulla favorita dalla sua condizione femminile e per di più semianalfabeta, benché oltremodo intelligente e volitiva, come Caterina da Siena, sia riuscita ad intrattenere una corrispondenza particolarmente fitta con potenti personalità religiose e politiche del suo tempo ovvero del secolo XIV e a rivolgersi loro con tono autorevole e non di rado severo pur senza peccare di superbia?

La risposta può essere evangelicamente semplice, nel senso che questo è uno di quei casi in cui Dio si è servito di un soggetto obiettivamente debole (perché appunto di basse origini sociali, non istruita e di sesso femminile) e apparentemente incolto (tanto che, non sapendo scrivere se non in modo molto stentato, ella dovette dettare tutte le sue epistole, mentre altri tipi di composizione religiosa e teologica ci sarebbero giunti solo attraverso il lavoro di fedele trascrizione di religiosi a lei particolarmente vicini dal punto di vista spirituale), per confondere e abbassare sapienti e potenti.

Di fatto Caterina, peraltro fisicamente fragile e di salute cagionevole anche a causa dei prolungati periodi di digiuno penitenziale cui si sottoponeva, benché intellettualmente dotata di grande energia e vivacità, sarebbe stata considerata non solo in Italia ma in tutta Europa come una vera e propria “maestra” da un cospicuo numero di insigni dotti universitari e sarebbe stata ricevuta e ascoltata da papi, cardinali e sovrani di molti paesi europei, mostrandosi capace di incidere su diversi processi politici e religiosi del suo tempo: sorretta da un grande spirito di pace contribuí a risolvere il conflitto tra Firenze e la Chiesa, a distogliere le repubbliche di Pisa e Lucca dall’aderire alla lega antipapale e a superare lo scisma d’occidente che si sarebbe venuto consumando nel quadro della “cattività avignonese” della Chiesa di Roma.

Nel frattempo però Caterina, mentre viene ammirevolmente assolvendo la sua funzione di strenua “pacificatrice”, non rinuncia ad interloquire criticamente con i potenti richiamandoli spesso duramente ai loro doveri e alle loro responsabilità.

Nelle sue “lettere”, in cui è evidente il suo impegno non solo per la pace tra le città italiane e il papa ma anche per la stessa unità politica europea e per il rinnovamento della vita ecclesiale, rimprovera aspramente i vari sovrani cristiani, che anziché unirsi in una lotta comune contro gli “infedeli” islamici che occupano la Terra Santa, si attardano nei loro reciproci rapporti conflittuali e dannosi per la difesa stessa della cristianità occidentale, cosí come d’altra parte usa toni sferzanti nei confronti di un vero e proprio esercito di “ministri indegni”, cioè di ecclesiastici di ogni ordine e grado interessati molto più agli onori e all’accumulo di potere e ricchezza che non ad amministrare degnamente i santi sacramenti e ad essere o a restare fedeli al papa.

Quest’impegno assiduo e frenetico di Caterina si erge nella storia del cristianesimo come testimonianza particolarmente preziosa e significativa di quanto «sia necessario fondare il sociale e il politico non solo sulla Dottrina Sociale della Chiesa ma sulla spiritualizzazione e l’interiorizzazione della vita personale di chi vuole porsi al servizio del bene comune» (Conferenza tenuta da fr. Giovanni Calcara su “La città prestata: consigli di santa Caterina da Siena ai politici”, Messina, 28 aprile 2014). Il suo impegno vale moltissimo anche per l’oggi, nel senso che «in questa radicale crisi di valori, non è certo pensabile che delle semplici riforme “di struttura” possano consentire il recupero di una convivenza onesta e solidale» (ivi).

Quello di Caterina non è un impegno “ideologico”, ma un impegno basato su un rigorosissimo spirito di verità e di carità senza cui non è possibile alcuna vera pacificazione e alcuna forma di effettiva giustizia umana. Per Caterina la “città terrena”, ovvero la città politica, «non è un possessso di chi l’amministra, essa è una “città prestata”», per cui «colui che signoreggia sé, la possiederà con timore santo, con amore ordinato e non disordinato; come prestata e non come cosa sua…(lettera 123)» (ivi).

Senza un fondamento spirituale intriso di carità di Dio e del prossimo non si dà amore veramente disinteressato ed efficacemente finalizzato ad un corretto governo politico della comunità sociale e, poiché «la vita è milizia e lo stesso fondamento si logora e si indebolisce…bisogna restaurarlo e rafforzarlo ogni giorno, in un esercizio che dura tutta la vita» (ivi).  Ora, sostiene Caterina, può far politica nel senso migliore solo chi non sia affetto da un egoistico amor proprio, secondo cui l’opera politica solo apparentemente viene esercitata in funzione del bene comune, mentre in realtà essa è semplicemente frutto di vanità e ambizione personali, quindi di una sorta di infantilismo spirituale.

In questo senso, «può far politica solo chi è adulto e non fanciullo, solo chi è sveglio e non addormentato. Il richiamo di Caterina alla “virilità” dell’uomo in genere e, soprattutto, del politico è una costante delle sue lettere (una virtù, la virilità, che non è caratteristica del maschio, ma di ogni uomo “forte”, vir deriva dalla stessa radice di virtus), tanto che la santa la richiede anche alle donne» (ivi).

Questo significa che «una virtù necessaria del politico è il coraggio che lo induce ad impegnarsi per la verità e per il bene. Il coraggio è il contrario del “timore servile”, che produce il “sonno della negligenza” che induce ad evitare la prova, rimandare la decisione, tollerare il male: “Il timore servile avvilisce il cuore, e non lascia vivere né adoperare come a uomo ragionevole, ma come animale sena veruna ragione” (lett. 123)» (ivi).

Noi cristiani avremmo tanto bisogno oggi di donne come Caterina da Siena, giustamente santa per il suo eroico impegno nelle cose concrete della vita e non per fantomatiche o discutibili qualità di veggente e di guaritrice, benché sia molto probabile che Gesù le sia realmente apparsa da piccola e le abbia manifestato la sua volontà; avremmo bisogno di donne cosí, piuttosto che di donne sterilmente impegnate in rivendicazioni propagandistiche relative ad un’astratta e velleitaria emancipazione femminile. Noi cristiani chiediamo a Dio di mandare all’umanità di questo nostro tempo donne religiose seriamente e profondamente impegnate anche sul piano politico come Caterina.