Aldo Buonaiuto e papa Francesco

Scritto da Francesco di Maria.

 

Don Aldo Buonaiuto, direttore del sito on line In Terris, è uscito coraggiosamente allo scoperto con un editoriale dedicato ai primi due anni di pontificato di papa Bergoglio e alle reazioni molto differenziate che esso ha prodotto sino ad oggi nel mondo e nel mondo cattolico in particolare. In altri termini, il giovane e colto sacerdote livornese propone un consuntivo critico sull’operato del papa argentino anche e soprattutto alla luce degli effetti o dei contraccolpi da esso prodotti nella pubblica opinione. Senza giri di parole, tale consuntivo esordisce con un’affermazione molto precisa che non può dare adito a dubbi di sorta: «Non è amato da tutti né da chiunque. È sicuramente più stimato dal popolo e meno dentro i circuiti gerarchici e cattolici». Il che è certamente vero, anche se la parola amore e la parola stima non sono propriamente equivalenti almeno nel gergo linguistico corrente, perché si può amare una persona anche se non si condivide, e quindi non si stima abbastanza, tutto quello che dice e che fa.

Non penso che questa distinzione sia cavillosa e fuorviante, perché al contrario essa serve forse a caratterizzare in modo meno schematico lo stato d’animo e i sentimenti che soprattutto in campo cattolico stanno accompagnando i gesti talvolta forti e stupefacenti di questo papa. In che senso? Nel senso che sarà certamente vero che le folle lo amano e lo stimano più di quanto non accada tra non pochi ecclesiastici e in una parte della variegata comunità cattolica, ma questo non significa che perplessità e critiche espresse sul suo pontificato siano unicamente o necessariamente dettate da mancanza di amore verso di lui o di spirito di obbedienza nei suoi confronti. Gli apostoli di Gesù avranno pur litigato qualche volta tra loro, san Paolo avrà pur avuto l’ardire talvolta di puntare un dito fraternamente accusatorio verso san Pietro, o mi sbaglio?

Penso che non sia utile tacere sui contrasti interni alla Chiesa, ma penso d’altra parte che non sia conveniente e necessario enfatizzarli eccessivamente solo perché alcuni non si sentono perfettamente allineati con tutte le scelte del papa. Sarà pur vero, come scrive don Aldo, che alle sue spalle qualcuno prende le distanze da lui, che altri scorgano in modo preconcetto un pericolo proprio nella sua provenienza religiosa di gesuita e che certi preti e potenziali prelati si mettano opportunisticamente sulla sua scia, per cosí dire “pauperistica” (anche se l’opzione di Francesco per i poveri non è certo pauperismo ma è pura e semplice opzione evangelica), per «fare una certa carriera», ed è certamente giusto farlo presente ed esserne coscienti, ma forse non è il caso di generalizzare troppo e di creare sia pure involontariamente dei “mostri” là dove è probabile che il più delle volte i cattolici per cosí dire “critici” siano semplicemente alle prese con delicate questioni di coscienza, perché è senz’altro una questione di coscienza quella di chiedersi se il papa non possa e non debba essere per esempio dottrinariamente più chiaro e perentorio su temi come quello dell’omosessualità o come quello del rapporto tra fede cristiana e altre fedi religiose con particolare riferimento a quella islamica o infine come quello relativo alla possibile apertura alle istanze dei cosiddetti “preti sposati” che in realtà sono solo preti che non hanno mantenuto fede al patto di fedeltà a Cristo e alla Chiesa nei termini in cui a suo tempo lo hanno formalmente e spiritualmente contratto e che quindi sarebbe stolto o irragionevole riabilitare oggi non già come credenti ma come presbiteri e quindi come sacerdoti ministeriali.

Concordo con don Aldo sul fatto che papa Francesco possa essere temuto da certi “tradizionalisti” fanatici o da correnti “conservatrici” che vedono in lui «il definitivo distruttore del potere temporale del Vaticano». Trovo altresí condivisibile l’osservazione per cui «il Vescovo di Roma sembra voglia abbassare la cresta dei cattolici superbi e pieni di boria; più volte non risparmia i “maestri” pronti a imporre pesi insopportabili sulle spalle dei deboli mentre vivono da spregiudicati e fregandosene di chi soffre», ma mi permetto di notare il più sommessamente possibile che anche Francesco non deve correre il rischio di trasformare la sua parola pastorale di rigore in astiosa e risentita parola personale e di annunciare il vangelo, che è misericordioso ma severo messaggio di salvezza, con la preoccupazione di renderlo appetibile a masse popolari non di rado molto più interessate a soddisfare pur comprensibili esigenze materiali o tipicamente mondane che non a perseguire la salvezza eterna.

Bisogna infatti distinguere tra un annuncio chiaro, comprensibile, rigoroso e coinvolgente del vangelo e un annuncio tendenzialmente retorico, ambiguo e populistico del vangelo stesso. Personalmente credo che papa Francesco annunci quasi sempre il vangelo in un modo non solo formalmente corretto ma umanamente e pastoralmente coinvolgente e appassionato, il che non può che giovare al popolo di Dio.

Quasi sempre, perché credo e osservo con pari franchezza che qualche volta mi sembra troppo preoccupato di non contraddire o scontentare l’intelligenza e la sensibilità umorali di larga parte di pubblica opinione che si aspetta sempre di sentire il papa tuonare implacabilmente contro la corruzione del mondo e della Chiesa, contro i “poteri forti” e contro l’immoralità del mondo economico e finanziario, contro l’ipocrisia e la doppiezza di tanti cristiani e via dicendo, mentre forse sarebbe il caso di essere almeno altrettanto autorevoli e determinati, pur disponendo questa volta di un'audience meno favorevole, nel dire pubblicamente che l’islam è una grave eresia e che Maometto non può essere messo sullo stesso piano di Cristo, nel chiedere a voce alta ai tanti Cesari del mondo di andare a soccorrere con tutti i mezzi di cui dispongono e molto più rapidamente di quanto sinora non abbiano fatto le popolazioni cristiane e non cristiane brutalmente perseguitate in Medioriente e in certe regioni africane, nel condannare apertamente l'iniquo e disumano trattamento riservato ancora oggi ai palestinesi dallo Stato israeliano, nel sottolineare l’importanza delle donne nella storia del mondo ma anche le loro concrete e specifiche responsabilità di fronte a Dio e al genere umano, nel proporre di ripristinare l’ordinazione sacerdotale per uomini già sposati che era una prassi assolutamente normale nei primi secoli di cristianesimo e che, in un contesto storico assai mutato rispetto ad un’epoca medievale in cui il sacerdozio uxorato poteva prestarsi ad usi impropri e poco compatibili con la dignità dei costumi e degli interessi ecclesiastici, sarebbe del tutto legittimo riportare in auge.

Ecco: non crede Buonaiuto che noi tutti possiamo essere vicini a papa Francesco più con la critica soppesata e giudiziosa che non con un assenso di natura prevalentemente emozionale o piattamente ed ipocritamente conformistico? Non è forse vero che ognuno di noi faccia parte della Chiesa ma sia anche tenuto ad essere responsabilmente Chiesa e a rivolgersi con franchezza fraterna (parresía) a tutti i fratelli e le sorelle della comunità ecclesiale? E, infine, non è vero che un «forte rinnovamento della Chiesa», per lo stesso Francesco, non esiga affatto che «le folle lo adorino riempiendo le piazze», ma solo che esse si limitino, con comportamenti evangelicamente coerenti e ispirati, ad adorare nostro Signore Gesù Cristo?

L’editoriale di don Aldo Buonaiuto si conclude cosí: «È troppo facile – in un certo senso – criticare il Papa, molto più complicato mettersi in ascolto, comprendere i suoi insegnamenti e aiutarlo a costruire il Regno di Dio». Giusto: in un certo senso è troppo facile criticare il papa, ma in un certo altro senso è molto più facile non criticarlo. Tutto dipende dalla qualità delle critiche e soprattutto dalle intenzioni da cui esse sono mosse: per esempio, non sarebbe una santa intenzione quella di aiutare il papa ad ascoltare e a comprendere attentamente tutte le voci del suo umile gregge e infine a costruire il Regno di Dio in sempre più perfetta adesione alla volontà del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo?