Quelli che gridano "onestà, onestà!"
Magari lo fossero, magari fossero veramente onesti quei parlamentari pentastellati che aizzano continuamente la folla contro i potenti o meglio contro quei potenti che sbarrano il passo alle loro ambizioni di potere! L’Italia non avrebbe che da guadagnarne, ma in realtà si danno buoni motivi per ritenere che ancora una volta gli slogan da loro usati in modo livoroso contro l’intero mondo politico istituzionale siano solo frutto di un populismo deteriore, di calcoli esclusivamente demagogici e soprattutto di un sentimento collettivo di frustrazione che è molto diffuso e ricorrente in quel composito esercito di invidiosi marginali che, essendo fuori da ogni gioco di potere in quanto protagonisti principali, vengono manifestando per l’appunto la loro rabbiosa frustrazione contro coloro che, essendo invece al centro di quei giochi, vengono considerati “disonesti” a prescindere da analisi realmente obiettive.
Questi signori, sulle cui reali “competenze” ci sarebbe peraltro molto da ridire, dimenticano di essere approdati in parlamento in modo del tutto disonesto, secondo un sistema manifestamente ambiguo ed arbitrario di reclutamento informatico dello stesso personale politico e beneficiando di un’ondata popolare di protesta culminato nella decisione di votare per il M5Stelle a prescindere dai soggetti che concretamente avrebbero dovuto poi rappresentarne sul piano politico-istituzionale le istanze. Cosí è accaduto che gli attuali deputati e senatori venissero eletti con trenta, quaranta o cinquanta voti, molti meno di quelli che occorrono per eleggere un vicepreside in un istituto della secondaria superiore! Essi, in sostanza, hanno usufruito di fattori casuali del tutto favorevoli e, per meglio rendere l’idea con un’espressione inelegante ma significativa, di una vera e propria “botta di culo” che ha consentito loro, dall’oggi al domani, di ottenere una fortuna semplicemente insperata e completamente sganciata da obiettivi criteri di merito: sta di fatto che oggi il partito di Grillo è principalmente un partito di opportunisti, arrivisti già arrivati e senza scrupoli che tentano di giustificare il loro status sventolando la bandiera dell’onestismo e della lotta intransigente alla corruzione di Stato.
Sono già disonesti per il fatto stesso di essere entrati in parlamento in base a regole ritenute democratiche ma semplicemente farsesche come quelle escogitate dal comico Grillo col socio Casaleggio: e non lo sanno o fingono di non saperlo!
Ma i “grillini” sono disonesti per molte altre ragioni: perché la loro totale, sistematica e massimalistica opposizione al “sistema di potere e di governo”, in vero molto più ostentata che reale comportandosi essi stessi come parte integrante di tale sistema, non è frutto di analisi realistiche e di rigorose ma pacate valutazioni morali bensí di cialtronerie ideologiche di tipo astrattamente utopistico e di un esasperato tatticismo aprioristico fine a se stesso; perché le loro proposte politiche, quali per esempio il cosiddetto reddito di cittadinanza o la sostituzione della democrazia rappresentativa con inedite quanto imprecisate forme di democrazia diretta, appaiono talmente aleatorie e inapplicabili, almeno nella forma in cui vengono da essi formulate, da risultare funzionali non già ad istanze popolari pure oggettive quanto piuttosto ad esigenze propagandistiche ed elettoralistiche; perché essi non possono non vedere come i contrasti spesso accesi che sono insorti e continuano ad insorgere nelle fila del loro stesso movimento siano il risultato di una formazione politica geneticamente costituitasi sulla base di un coacervo di egoismi individuali più o meno accentuati.
Per non dire che, di fatto, nelle giunte o nei consigli comunali in cui i “grillini” occupano una poltrona, non proprio di rado essi sono stati già inquisiti o beccati con le mani “nella marmellata”, e che non pochi parlamentari “grillini” hanno già “sistemato” parenti e amici in modo del tutto discrezionale magari negli stessi uffici parlamentari. Dove sono dunque le prove dell’asserita onestà di questi rivoluzionari da strapazzo? Nei tagli presunti che praticherebbero sui loro lauti stipendi a favore di piccole e medie imprese o degli alluvionati e dei terremotati di qualche regione italiana? Che furbi! Anche se fossero veri, questi tagli sarebbero ben calcolati al fine della loro immagine pubblica: la loro esistenza è diventata improvvisamente cosí agiata che il privarsi di una piccolissima parte di denaro può ben rientrare nel tentativo psicologico di accreditarsi presso l’opinione pubblica più ingenua o sprovveduta: come dire, è uno di quei casi in cui il sacrificio apparente è astutamente finalizzato al raggiungimento di vantaggi reali personali ben più consistenti.
Abbiamo visto già in un recente passato che fine fanno gli onesti che urlano e imprecano contro i disonesti dell’universo mondo: si pensi ai leghisti di Bossi che gridavano “Roma ladrona, la Lega non perdona” e che nel frattempo, avidi e famelici com’erano per natura, si appropriavano indebitamente di ingenti quantità di pubblico denaro. Perché i “grillini” dovrebbero essere diversi e non comportarsi nello stesso modo non appena si desse anche per loro una concreta possibilità di rubare? Forse perché hanno regole statutarie più severe?
Ma il vero presupposto di un’onestà gridata e declamata è quello per cui si è portati a credere in senso meramente ideologico che nelle cose umane il bene e il male, il buono e il cattivo, siano sempre nettamente distinti e che esistano uomini totalmente corrotti e altri totalmente incorrotti e non soggetti a tentazioni di sorta, laddove invece nella vita reale succede talvolta che disonesti incalliti siano capaci di azioni oneste mentre onesti generalmente irreprensibili siano capaci di azioni terribilmente disoneste. Persino i cristiani più rigorosi e fedeli alla Parola di Cristo non sono immuni dal peccato e si sentono sinceramente peccatori come tutti gli altri anche se consapevoli della sincerità del loro sforzo di perfezionamento morale e spirituale: questa è l’onestà, il riconoscersi moralmente fallibili pur se portati a perseguire onestamente il bene altrui, l’aver coraggio nel denunciare il male senza accanirsi su coloro che lo compiano o lo rendano possibile specialmente se siano raggiunti dai rigori della legge, e persino l’assumersi la responsabilità di violare certe norme giuridiche e sociali ove la violazione si configuri come opera di carità e di bene.
Certo, perché, solo per fare qualche esempio, se un ginecologo di fede cristiana, pur correndo il rischio di essere condannato da un tribunale, si rifiuta di praticare un aborto e un aborto sotto tutti gli aspetti ingiustificabile, egli obbedisce lodevolmente alla sua coscienza e alla sua fede; perché se uno di noi, pur vedendo un povero affamato mentre ruba un pane o qualcos’altro in un supermercato, non lo denuncia, fa solo un’opera di carità e non certo di omissione; perché se un politico sostanzialmente onesto si sporca talvolta le mani pur di trovare un dignitoso posto di lavoro a chi ne sia privo o ne sia stato privato con conseguente pericolo per la sopravvivenza propria e quella dei propri familiari, non per questo diventa disonesto.
Ecco perché il purismo morale, l’onestismo politico, il moralismo di strada, sono sempre sospetti e da tenere a debita distanza. Peraltro, essere onesti a prescindere dalle possibili e sempre imprevedibili contingenze della vita significa non essere abbastanza intelligenti e un’intelligenza ridotta non può che concorrere a sminuire il valore morale della stessa onestà: se tu che sei avversario politico di Renzi (vedi Di Maio) vai a dire a Tsipras che il primo non è molto affidabile, vuol dire senza ombra di dubbio che, pur facendo sfoggio di intelligenza, non sei molto intelligente, neppure nell’accezione machiavelliana del termine (intelligenza virtuosa o, tout court, virtù del politico), e di conseguenza anche la tua presunta onestà sarà di pessima qualità.
Penso che, in molti casi, sia vera e giusta la seguente riflessione: «Ci si sporca le mani anche solo per poter fare un po’ di bene. Nessuno con le mani linde e senza calli ha mai fatto del bene a nessuno se non a se stesso: le mani pulite sono un peccato di omissione. E di orgoglio infernale. Sono le mani stesse di Lucifero e di tutti gli esseri crudeli, sazi e indifferenti. Quante volte, avendo avuto bisogno di aiuto per un problema concreto, chi ci ha teso una mano è stato proprio il politico sedicente “disonesto”, il maneggione? Il sedicente “onesto” a prescindere, invece, è quello che se gliela richiedi la mano se la nasconde in tasca, e dopo che in nome della sua “onestà” ti ha negato e giustificato il suo rifiuto, magari scusandosi, è lo stesso che, voltate le spalle, alza la cornetta e ti denuncia a chi di competenza. L’onesto a prescindere è un corrotto dentro, al contrario del “disonesto” a prescindere che magari “disonesto” lo è solo in superficie: è sporco del suo lavoro ingrato, restando un puro dentro. Le prostitute ci passeranno innanzi!» (A. Margheriti Mastino, “L’onestà” in politica non è cristiana: è satanica. La catastrofe dell’onestismo, e dei grillini, in “Papale-Papale.com).
Attenzione dunque all’ipocrisia e a quelli che si sentono puri e incorruttibili senza esserlo realmente. Ricordiamoci dei moniti di Gesù ai farisei di sempre se non vogliamo essere, nella politica come nella vita, dottori di onestà più che uomini onesti, uomini con le mani pulite solo perché tenute sempre in tasca. Don Lorenzo Milani, con uno spirito provocatorio di ispirazione evangelica, poneva proprio questa domanda: «A che serve avere le mani pulite se si tengono in tasca? Ecco, occupatele».
Occupatele anche voi, signori "grillini", e vi accorgerete anche a vostre spese che l'onestà non andrà mai di moda perché essa, al pari di ogni altro valore morale non piegato a comodi o disinvolti scopi personali e di gruppo, è destinata ad esser sempre impopolare e fortemente minoritaria.