Pregare Maria

Scritto da Francesco di Maria on . Postato in I miei scritti mariani

 

Maria credeva in un Dio infinitamente misericordioso e giusto perché non poteva accettare intimamente che la vita di uomini e donne dovesse consistere ed esaurirsi in un ammasso di avvenimenti privi di senso e governati da un caso cieco e irrazionale. Maria aveva profondamente bisogno di sentirsi e sapersi creatura di Dio perché intuiva che i suoi pensieri, i suoi sentimenti, la sua inestinguibile sete di verità e di amore, non potevano avere un’origine puramente biologica e non potevano non corrispondere a realtà e valori oggettivamente esistenti.

Per Maria non era concepibile un vivere inesorabilmente destinato a dissolversi nel nulla dal momento che una vita che finisce contraddice se stessa mostrandosi intrinsecamente più debole della morte e, per cosí dire, un sarcastico effetto illusorio della morte stessa.

Troppe erano per lei le cose belle e buone della realtà terrena, sia pure in mezzo a tante brutture e a tante manifestazioni di malvagità e violenza, perché non si sentisse legittimata a percepire Dio come principio e fine di ogni terrena esistenza, come garanzia di significatività indiscutibile della vita di ogni sua creatura. Per questo ella soffrì, patí la cattiveria e i perversi egoismi di questo mondo, senza mai dubitare del suo Dio e del suo Cristo, e affrontò i suoi stessi drammi personali nell’amarezza e nel dolore ma anche nella serena e gioiosa consapevolezza che mai sarebbe sprofondata nella disperazione e mai sarebbe stata abbandonata dal suo Signore.

Anche a Maria capitò di sentirsi umiliata perché portò in grembo un figlio che molti pensavano essere frutto di peccato e perché Gesù, il re dell’universo, sarebbe stato non solo ucciso ma schernito e umiliato nei modi più oltraggiosi e disonorevoli. Anche lei conobbe la solitudine umana e non poté sottrarsi alla depressione e forse ad un senso di fallimento personale. Ma tutto questo non ne distrusse la fede orante e operante, il coraggio, la capacità di reazione, che costituirono anzi gli elementi irriducibili di ogni sua pur angosciosa o luttuosa esperienza di vita.

Ella aveva ricevuto il dono di una fede immensa, di una fede imparagonabile rispetto a quella pure grandissima di altri uomini e donne capaci di vivere in uno stato di santità, ma proprio per questo sapeva che sarebbe stata chiamata probabilmente più di altri a sperimentare le atrocità sempre incombenti del e sul genere umano. Poco per volta, le apparve chiaro il disegno di Dio: il destino terreno degli uomini è un destino di dolore e di morte, ma questo destino può essere trasformato in un glorioso destino di luce e di vita immortale solo credendo in Cristo Signore e nei suoi insegnamenti di verità, carità, giustizia e pace.

Chi prega Maria deve farlo per chiedere e ottenere delle grazie, ma principalmente per avere il coraggio di confidare nel Signore nei momenti più dolorosi, nelle circostanze più esasperanti della propria vita, nelle situazioni apparentemente prive di possibili vie d’uscita. Chi prega Maria deve sapere che ella ascolta tutti ma soprattutto coloro che chiedono senza pretendere di ottenere, che sono disposti sia pure tra inevitabili limiti e debolezze personali a soffrire anche per le colpe e i peccati altrui, pur sempre opponendosi nei modi dovuti ad ogni iniquità.

Chi prega Maria non può essere un esaltato che pensa di capire sempre tutto della volontà di Dio, perché ella non fu una serva fanatica che comprese sempre con immediatezza le parole e i disegni di Dio. Anche per lei Dio fu pur sempre un mistero rispetto al quale non poté non esprimere talvolta perplessità accompagnate da un pressante interrogatorio (in che modo accadrà che io, vergine, concepisca un figlio; in che modo verrà realizzandosi il Regno di Dio; perché mio figlio a volte è cosí lontano da me..).

Questa dimensione umana è ciò che diede alla sua fede una modestia, un’affabilità, una misura che fanno sí che funga da stimolo o come ipotesi di ricerca spirituale persino per molte coscienze che non la condividono.

E’ stato ben scritto su un sito religioso: «Chi molto crede in Dio ne parla poco, chi interroga i suoi segreti non li grida dalla finestra. C'è una intimità con Dio che ama nascondersi nel silenzio. Questa è la prima attenzione che ci è chiesto di maturare, guardando cosí con diffidenza al diffondersi dei fanatismi religiosi che stanno più o meno divampando nel mondo. Solo nel 2011 più di 2000 cristiani in India hanno perso la vita per questi movimenti fanatici, senza parlare degli ultimi attacchi subiti dai cristiani in Egitto, Sudan, Nigeria e in varie parti del mondo.

La stessa terra di Gesù è spesso insanguinata da idee intolleranti proprie di persone che non sanno e non vogliono accettare l'altro e l'altra espressione di fede come una opportunità per crescere insieme.
La vera fede è all'opposto del fanatismo, perché lo spirito fanatico copre se stesso con il sigillo di Dio, strumentalizzandolo al servizio del potere, delle passioni individuali e collettive, come è avvenuto in questi ultimi anni nelle varie parti del mondo e anche in terra "Santa".

La vera fede invece sa accettare il cilicio della perplessità, dell'interrogatorio, non ha bisogno di imporsi con la forza, perché la sua strada è quella del dialogo, del rispetto, dell'annuncio che illumina senza possedere o manipolare l'altro, e solo in questo cammino si svela e si realizza il sogno di Dio e il suo Regno».