Un papa enigmatico

Scritto da Maurizio Stillitano on . Postato in Compagni di viaggio, articoli e studi

 

Scusa Francesco di Maria, spero tu voglia ospitare queste due righe che ti mando su papa Francesco. Ho sempre avuto il timore che le numerose critiche presto addensatesi sul suo pontificato fossero dovute a pregiudizio, prevenzione o semplice antipatia verso la sua persona. Ma, da un po’ di tempo a questa parte, mi capita di sentirmi confuso e talvolta contrariato dinanzi a certe sue esternazioni, francamente eccessive o inopportune quando non anche persino studiate allo scopo di stupire e di suscitare clamore non solo nel popolo di Dio ma anche e soprattutto nel mondo mediatico. Mi spiace ma questa è la mia sensazione di credente cristiano e cattolico.

Espressioni come “noi cristiani dobbiamo chiedere scusa perché facciamo finta di non vedere i poveri che ci stanno accanto”, “anche tra i cattolici ci sono i fondamentalisti”, “disapprovo la decisione dell’UNESCO di negare la connessione tra l’ebraismo e il Monte del Tempio, incluso il Muro occidentale o Muro del Pianto”, solo per fare alcuni degli innumerevoli esempi che si potrebbero fare, mi lasciano davvero di stucco per la loro genericità, per la loro acriticità e gratuita o unilaterale perentorietà, per l’evidente commistione in esse presenti tra una marcata e non disciplinata emotività soggettiva e il giudizio morale e storico, tra la volontà di apparire spiritualmente libero e anticonformista e la sistematica dipendenza da una mentalità mondana desiderosa di sensazionalismo a buon mercato.

Non entro nel merito di queste o altre specifiche prese di posizione del papa, perché esse vengono quotidianamente analizzate e brillantemente confutate, purtroppo, in diversi ambiti del pensiero cattolico, ma mi sento davvero imbarazzato per l’insufficiente presenza di quella misura, di quella sobrietà, di quella capacità di ponderazione, che, insieme ad uno spirito profetico contrapposto a facili e ovvie aspettative mondane, dovrebbero sempre caratterizzare un pontificato degno di questo nome.

Anche oggi il papa non ha mancato di turbarmi durante l’omelia tenuta a Santa Marta. Ha detto infatti: «L’unica maniera di amare come ha amato Gesù è uscire continuamente dal proprio egoismo e andare al servizio degli altri, dando così dimostrazione di un amore concreto, perché è concreta la presenza di Dio in Gesù Cristo…Chi, al contrario, va oltre questa ‘dottrina della carne’, di fatto, rinnega la ‘dottrina di Cristo’ e ‘non possiede Dio’. Ogniqualvolta si esce dal ‘Mistero dell’Incarnazione del Verbo’, dal ‘Mistero della Chiesa’, attecchiscono ‘le ideologie sull’amore, le ideologie sulla Chiesa, le ideologie che tolgono alla Chiesa la Carne di Cristo’. Tutte ideologie che ‘scarnificano la Chiesa’ e fanno dire a chi vi aderisce: ‘Sì, io sono cattolico; sì sono cristiano; io amo tutto il mondo di un amore universale…’; quando, in realtà, ‘un amore è sempre dentro, concreto e non oltre questa dottrina dell’Incarnazione del Verbo’» (in “Zenit” dell’11 novembre 2016).

Anche qui, dichiarazioni che sembrano ovvie e che per la loro particolare e non necessaria enfasi, per i loro evidenti sottintesi polemici, risultano invece decisamente ambigue. Solo una considerazione finale: forse anche a me, per usare di nuovo le parole del papa, “non sempre è chiaro cosa sia l’amore cristiano”, ma sono ben certo che di una cosa tutti, nessuno escluso, dovrebbero fare sempre memoria, ovvero che «Questo è l’amore: camminare secondo i suoi comandamenti…Fate attenzione a voi stessi per non rovinare quello che abbiamo costruito e per ricevere una ricompensa piena. Chi va oltre e non rimane nella dottrina del Cristo, non possiede Dio. Chi invece rimane nella dottrina, possiede il Padre e il Figlio» (2Gv 1, 6-9). Da parole come queste, credo, ogni cristiano dovrebbe sentirsi sempre utilmente turbato.