Unicuique suum
L’antico diritto romano dava una definizione chiara della giustizia: “unicuique suum”, ovvero dare a ciascuno il suo, quello che gli spetta. Questo principio è stato ereditato dal cristianesimo, in un senso però metagiuridico, vale a dire non semplicemente nel senso di dare a ciascuno secondo il suo status professionale, sociale o economico, ma nel senso più profondamente spirituale di dare a ciascuno in base a ciò di cui necessita per vivere dignitosamente come uomo, fratello e figlio di Dio. Ogni essere umano, che non ha solo necessità materiali ma anche morali e spirituali, è stato creato perché possa liberamente realizzarsi secondo le attitudini e le capacità di cui è stato dotato e secondo legittime aspirazioni personali.
Il vangelo non intende “il dare a ciascuno il suo” come dare a ciascuno quel che è previsto si dia a ciascuno secondo criteri e classificazioni puramente formali, e quindi secondo leggi puramente umane, ma come dare a ciascuno secondo i suoi effettivi bisogni. A differenza della giustizia umana che è semplice “gestione legale” di egoismi contrapposti, infatti, la giustizia di Dio è giustizia nel senso pieno e sostanziale della parola, perché, pur naturalmente tenendo in conto meriti e demeriti di ciascuno, va sempre oltre una contabilità fredda e puramente numerica, per dispiegarsi come giustizia infinitamente misericordiosa e mai indifferente al reiterato grido di dolore che si leva da ogni umana esistenza.
La giustizia divina, naturalmente, non è d’altra parte insensibile agli sforzi personali di essere quanto più fedeli possibile alla Parola divina onorandola quindi in termini non meramente legalistici e dunque in termini per cui il richiamo all’obbedienza della legge e degli stessi precetti divini non risulti mai preminente principio di redenzione rispetto alla fede nella grazia di Dio.
La giustizia divina, in tal senso, tende a privilegiare la figura dell’uomo giusto, dell’uomo assolutamente giusto che è Cristo Gesù ma anche dell’uomo relativamente giusto, che è rappresentato da tutti coloro che, giustificati in Cristo, tendono sinceramente a convertirsi fino all’ultimo giorno di vita nonostante la fragilità peccaminosa della loro condizione umana. Sincerità di cuore: un’espressione indubbiamente abusata e spesso adoperata ipocritamente anche in ambito cattolico, ma è proprio essa a costituire alla fine, agli occhi di Dio, il vero banco di prova della nostra volontà di essere o non essere salvati.
Uomini e donne saranno giudicati sia sulla base del modo in cui avranno saputo e voluto utilizzare le capacità, i carismi, i beni distribuiti gratuitamente da Dio ad ognuno di loro, sia sulla base della loro sincera e caritatevole propensione a rispettare, ammirare e valorizzare, oppure a disprezzare, disconoscere, minimizzare, per superbia, invidia, gelosia, i doni da Dio concessi ed elargiti ai loro simili.
Il principio “A ciascuno il suo”, secondo la giustizia e la misericordia di Dio, sarà applicato, qualche volta persino nel corso della vita terrena e della storia umana, non solo in rapporto all’osservanza o alla violazione degli antichi comandamenti di Dio, quelli scolpiti nelle tavole di pietra consegnate a Mosé, ma anche e forse soprattutto in rapporto all’attuazione del comandamento nuovo dato da Gesù, quello relativo alla necessità spirituale di amarsi gli uni gli altri in spirito di verità, di fraterna e sincera carità, di indefettibile giustizia.
Quanto più si sarà stati disposti, pur tra inevitabili limiti e peccati, a rispondere diligentemente alla grazia divina e a conformare la propria condotta di vita a quella di Gesù maestro e salvatore, tanto più grande sarà la ricompensa promessa da Cristo a coloro che non avranno lasciato nulla di intentato per non perdersi o chiudersi nelle piccolezze, meschinerie e grettezze della vita quotidiana, anche se talvolta indotte da difficoltà e situazioni umanamente comprensibili, e per dare almeno tendenzialmente al proprio pensiero il passo di Dio, al proprio cuore il sentire del cuore di Dio, alle proprie opere quella finalità di mite e amorevole servizio che è una delle principali finalità delle opere stesse di Dio.