Maria. Il mistero della comunicazione (Lc 1, 39-45)

Scritto da don Dario De Paola on .

 

“Maria si avviò in fretta verso la montagna, non perché fosse incredula della profezia o incerta dell’annunzio o dubitasse della prova, ma perché era lieta della promessa e desiderosa di compiere devotamente un servizio, con lo slancio che le veniva dall’intima gioia… La grazia dello Spirito Santo non comporta lentezze… Elisabetta udì per prima la voce, ma Giovanni percepì per primo la grazia”. Così scrive S. Ambrogio nel suo Commentario al vangelo di Luca.

Due donne si incontrano. Due persone completamente diverse sia per età che per il ruolo, eppure molto vicine perché entrambe visitate da Dio, capace di sorprendere col suo dono sia la giovane Maria di Nazaret che l’anziana e sterile Elisabetta. Una sterilità sanata, una vecchiaia finalmente feconda e, cosa ancora più grande ed impensabile, un concepimento verginale. Davvero “nulla è impossibile a Dio”. Solo la nostra libertà, un nostro “no”, può fermare Dio.

Entrambe le donne portano un figlio nel grembo e anziché dire di sé, raccontano di Dio e del suo intervento prodigioso. Madri che lodano, ringraziano, esultano.

L’incontro inizia col saluto di Maria che genera conseguenze inaspettate nella vita fisica di Elisabetta che, momentaneamente sembra impossessarsi della scena. Il saluto di Maria causa il sussulto del bambino dell’anziana parente: “le balzò in seno il bambino”. Ci troviamo di fronte al verbo della danza (skirtao) che esprime bene la gioia di Giovanni il Battista nel grembo della madre, una esultanza motivata dalla presenza del Messia. Il profeta Malachia parlando dell’arrivo del Messia, aveva affermato “sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia e voi uscirete saltellanti come vitelli dalla stalla” (3,20).

Le due madri sono come due ostensori di due esseri, destinati a relazionarsi nella loro vita futura. L’uno preparerà la strada all’altro; l’uno, il Battista, sarà la voce; l’altro, Gesù, sarà la Parola. Già prima di nascere, Giovanni rinvia a Gesù. Incontro di due madri, incontro anche dei rispettivi figli. L’evangelista Giovanni riporta la testimonianza del precursore ormai adulto: “l’amico dello sposo esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è compita. Egli deve crescere, io diminuire”(3,29-30). Le parole di Elisabetta, come detto, dominano ora la scena, ma esse raccontano di Maria che, pertanto, resta la figura centrale.  E’ di lei che si parla e del Signore nascosto nel suo seno. “Benedetta tu fra le donne e benedetto è il frutto del tuo grembo, Gesù”.

Il grido di Elisabetta non augura una benedizione ma constata una benedizione già in atto. L’anziana riconosce ciò che Dio ha operato in Maria. “Tu sei benedetta” vuol dire “Dio ti ha benedetta”. Benedire è proprio di Dio e significa donare, far prosperare a pienezza di vita. Cosa vuol dire che l’uomo benedice? La benedizione umana è la risposta ai doni ricevuti da Dio. C’è quindi prima un movimento discendente, dal cielo alla terra, da Dio all’uomo, la grazia, l’amore di Dio che ricolma la creatura; segue la presa di coscienza da parte dell’uomo del dono ricevuto e la conseguente benedizione (ringraziamento) a Dio (movimento ascendente, dalla terra al cielo). Lo scarso ringraziamento che caratterizza questi nostri tempi e anche la scarsa benedizione indirizzata a Dio, che si realizza in maniera somma nell’eucaristia, forse sono dovuti proprio alla mancanza di riflessione sui doni che abbiamo o addirittura alla presunzione che tutto provenga dal nostro impegno, dalle nostre fatiche.

Una delle pecche dell’uomo di oggi è proprio l’appropriazione indebita dei doni di Dio. Non riconoscere, in altri termini, il Donatore. Elisabetta riconosce il primato di Dio nella vita di Maria, nella sua esistenza, il dono della visita ricevuta da Maria e la grandezza del Figlio che la Vergine porta nel grembo. Maria viene celebrata innanzitutto nella sua maternità. E’ acclamata come “la Madre del mio Signore”.

Elisabetta non sa spiegarsi come mai venga a lei. Si rende cioè conto di non meritare la visita di Dio attraverso Maria, di non essere al suo livello. Eppure riceve questa visita divenendo partecipe della presenza del Signore. Maria viene poi dichiarata beata per la sua adesione perfetta alla volontà di Dio. Elisabetta ha già compreso il “segreto” che Maria custodisce nella sua vita, prima ancora che le venga raccontato. “Beata colei che ha creduto”: è questa la grandezza di Maria. Aver creduto, essersi fidata, affidata a Dio, aver confidato in Lui, essersi lasciata condurre. Ha accolto le parole dell’angelo, il volere di Dio come il meglio per la sua vita; il sogno di Dio è diventato il suo sogno. Una creatura che ha creduto ciecamente a Dio fedele per sempre. Maria porta il Cristo in maniera silenziosa, discreta, eppure fa esplodere di gioia la vita di Elisabetta. Non dovrebbe essere questa la missione del cristiano e della Chiesa? Non abbiamo altro da portare se non il Cristo e il suo vangelo senza imporlo e fidandoci di Lui.