Tra fede spirituale e fede carnale

Scritto da Caterina Corallo on . Postato in Compagni di viaggio, articoli e studi

 

Sarebbe bello che tutti coloro che dicono di amare Gesù ne fossero realmente seguaci. Ma, come è ben noto, non tutti coloro che dicono “Signore, Signore” potranno sedere alla sua mensa celeste. E’ vero che, come dice Paolo, nessuno dice: Signore Gesù, se non nello Spirito Santo, ma, precisa sant’Agostino (nel “discorso 269” che ha per tema la Pentecoste), quel “dice” è da intendersi naturalmente come un dire con i fatti, un dire facendo e vivendo concretamente con i propri atti la parola del Signore. E infatti lo stesso apostolo Paolo scrive: dichiarano di conoscere Dio, ma lo rinnegano con i fatti, perfettamente in linea con l’apostolo Giovanni che scrive: «Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità». Dunque, la nostra fede è spirituale se rifuggiamo da uno sdoppiamento di personalità, dall’ipocrisia, dall’incoerenza o più semplicemente da un esercizio incostante e frammentario delle virtù cristiane, ed è invece carnale se il pensiero e il desiderio che abbiamo o pensiamo di avere di Dio sono continuamente vanificati non tanto dagli errori e dai peccati, che ci accompagnano purtroppo lungo tutta la vita, quanto dall’assenza di un vero spirito di contrizione, dall’assenza di un sincero pentimento che ci induca, malgrado le cadute, a seguire amorevolmente gli insegnamenti del Maestro con una condotta quanto più possibile esemplare.

Se una persona, pur sollecitata da pulsioni psichiche egocentriche che conducono alla menzogna e all’odio, all’orgoglio e alla superbia o alla violenza, si sforza onestamente di vincere tali pulsioni con la preghiera e con tutte le sue forze cercando di imitare Gesù nella propria pratica di vita, non è lontana dall’acquisire una fede spirituale, ma se, pur recitando preghiere e facendo un uso giornaliero del sacramento eucaristico, è indifferente alle iniquità o alle contrarietà che quotidianamente colpiscono il suo prossimo, è chiusa ad ogni imprevisto soffio di verità e opera secondo una programmazione pseudospirituale e pseudocaritatevole, puramente schematica ed asettica, abitudinaria e infeconda, quando non anche maniacalmente rituale e falsamente consolatoria, è probabile che essa non si sia ancora accorta di aggirarsi in un ambito di fede carnale.

Il concetto è semplice e lo ha espresso bene lo stesso sant’Agostino: non basta essere cristiani a parole, non basta aver ricevuto il battesimo se poi non si riceve anche lo Spirito Santo che sorprendentemente possono ricevere anche coloro che non sono ancora battezzati (si pensi al Cornelio neotestamentario). Lo Spirito Santo è lo stesso spirito di Cristo e chi non lo chiede con insistenza e con azioni che riflettano bene la sincerità di questa insistenza non potrà mai ottenerlo. La specificità del vero cristiano è quella di non illudersi mai circa la sua integrità o santità, pur non disperando di poterla raggiungere per una gratuita concessione di Dio, per consegnarsi invece sempre sinceramente peccatore al suo perdono e alla sua misericordia e attingere forze sempre nuove per fare solo quel che egli chiede. 

Bisogna precisare che la fede carnale e la fede spirituale, pur essendo realtà eterogenee, non sono nettamente separate sotto il profilo esistenziale (per cui non si ha a che fare con persone dotate solo dell’una o dell’altra forma di fede e, per cosí dire, rigidamente segnate o dal male o dal bene) ma sono spesso coesistenti dialetticamente all’interno di ogni essere umano, per cui esse si contendono continuamente il campo di ogni anima attraverso la lotta da questa esercitata per purificare sempre meglio la propria spiritualità o viceversa attraverso una sostanziale desistenza o arrendevolezza che consenta la prevalenza o il trionfo di una fede carnale. San Pietro stesso è spirituale quando, senza giri di parole e senza tante dotte disquisizioni, riconosce che il Cristo è il figlio del Dio vivente, mentre è carnale quando si oppone all’idea della morte imminente di Cristo che infatti lo redarguisce aspramente chiamandolo Satana. E’ ben significativo: Pietro, la roccia della Chiesa, diventa Satana. La Chiesa non lo deve dimenticare se vuole evitare di produrre opere sgradite a Dio. 

Ciò precisato, occorre evidenziare che la fede carnale è anche una fede presuntuosa, una fede che, ammantandosi spesso di falso spirito di carità, pretende di conoscere, di sapere e spiegare tutto ciò che è riposto nella mente di Dio ed è una fede che, pur in presenza di problemi particolarmente difficili che non trovano risposte chiare o univoche nelle sacre scritture, ritiene di poter dare risposte sempre precise e certe. Persino alcuni rinomati teologi, quando non solo si avventurano concettualmente in questioni oltremodo oscure che riguardano l’inattingibile profondità del divino ma pretendono addirittura di aver trovato la sicura via per inoltrarsi speditamente nei misteria Dei, rischiano di essere risucchiati nel vortice dell’ambizione intellettuale e di una sorta di concupiscenza spirituale che è uno degli aspetti possibili della fede carnale. La conoscenza di Dio è perfettibile grazie alla Rivelazione, mai perfetta, e chi di fatto prescinde da questa avvertenza non può che deformare alla fine il mistero stesso di Dio. La fede carnale però è presuntuosa anche quando diffida pregiudizialmente di coloro che studiano e interpretano le Scritture, dimenticando che ascoltare la Parola significa anche studiarla e approfondirla, perché all’ignoranza del vero sapere che è sempre povero ed umile contrappone e preferisce l’ignoranza tout court che non si può certo annoverare tra i doni dello Spirito ma semplicemente tra i vizi della carne. 

La fede spirituale invece è quella di chi chiede ininterrottamente al Signore di essere illuminato nell’ascolto e nella ricerca della verità e di essere fortificato nell’opposizione al male, è quella di chi non pretende mai di aver capito tutto di Dio pur assumendosi doverosamente la responsabilità di annunciarne gli insegnamenti, di chi non si sente orgoglioso del proprio sapere teologico o al contrario di chi non osteggia pregiudizialmente o in malafede l’importanza di questo stesso sapere, di chi pur percependo in sé gli attacchi della vanità o della superbia, della concupiscenza di qualsivoglia natura o della prepotenza non smette di confidare nel Signore e nelle proprie capacità di reazione e di definitiva liberazione spirituale utilizzando la parola e la vita di Gesù come una semplice ma preziosa ed indispensabile fiaccola che aiuta a vedere ogni volta quel tanto che basta per avanzare nel buio e per rimuovere i peccati ingombranti della propria esistenza.

E cosí ancora fede carnale è la nostra se pensiamo alla Chiesa come ad una realtà unicamente grondante di misericordia e non anche di avvedutezza (che non è affatto antitetica alla prima), perché questo potrebbe aprire la porta al più grossolano permissivismo e coincidere con un nostro illecito bisogno soggettivo di saperci o vederci giustificati da essa sempre e comunque; oppure, al contrario, se pensiamo alla Chiesa come ad una realtà eminentemente giuridica, strutturata gerarchicamente secondo modalità immodificabili e con un ferreo codice normativo da rispettare, come a qualcosa insomma di cui andare orgogliosi principalmente per la sua inattaccabile solidità. Ma la Chiesa non può essere pensata in queste forme, bensí come una pietra su cui sia certamente possibile edificare realtà spirituali non destinate a sbriciolarsi e al tempo stesso come una pietra alla quale si può parlare e che anzi si intenerisce per la forza della parola: «Parlate a quella roccia, ed essa farà uscire l’acqua» (Nm 20, 8; Es 17, 6), cioè la vita. Il che significa che la Chiesa dev’essere tanto una fortezza contro cui vadano ad infrangersi le violente contrarietà della vita e della storia quanto un’inesauribile sorgente di conforto, di amicizia, di riconciliazione e di puro servizio.

Per cui è bene che la Chiesa, pur difendendo vigorosamente la sua dottrina e i suoi ordinamenti, tenga sempre presente che essa fu istituita da nostro Signore come organismo eminentemente spirituale e non come organismo politico, che la rigidità della sua ortodossia non può non integrarsi con la sua disponibilità a verificare di continuo l’effettiva compatibilità di tutto ciò che ha acquisito per via di tradizioni successive alla morte di Cristo con la lettera e lo spirito dei testi evangelici, che la sua struttura gerarchica e burocratica non può non essere suscettibile di revisione e “ammodernamento” e che infine i rapporti per quanto sorvegliati con i singoli non possono non essere improntati ad una sempre più sana umanizzazione. Sí, è bene che anche la Chiesa nella sua interezza e nella sua specificità cerchi di essere Chiesa sempre più spirituale e sempre meno carnale.